Ambiente e territorio

Aspetti Geografici – fisici

La Comunità Montana dell’Oltrepò Pavese si estende nella posizione sud-occidentale della Lombardia ed interessa quelle zone collinari e montagnose che s’incuneano tra il Piemonte e l’Emilia. Il territorio occupa una superficie complessiva di Kmq. 474,34 (Fonte “Paesi e Gente di quassù”,Varzi 1979).

Le Regioni agrarie

Secondo le suddivisioni per « regioni agrarie » , cioè per raggruppamenti di Comuni contigui che presentano uguali condizioni naturali (geologia, clima, rilievo …) ed agricole (colture attuali e potenziali), operate dall’Istituto Centrale di Statistica (Istat), alla « zona dell’alto Staffora » o di « montagna » appartengono i Comuni di: Bagnaria, Val di Nizza, Valverde, Zavattarello, Romagnese, Varzi, Menconico, S. Margherita Staffora e Brallo di Pregola, i quali occupano una superficie di Kmq. 289,38; alla « collina meridionale » quelli di Cecima, Ponte Nizza, MontesegaIe, Rocca Susella, Fortunago, Ruino, Borgoratto Mormorolo, Borgo Priolo e Montalto Pavese, estendentisi per una superficie territoriale di Kmq. 164,35; infine Godiasco (Kmq. 20,61) è inserito nella « collina settentrionale »

I Comuni confinanti

I Comuni confinanti sono, da Nord e in senso orario: Rivanazzano, Retorbido, Torrazza Coste, Montebello della Battaglia, Casteggio, Calvignano, Oliva Gessi, Mornico Losana, Pietra de’ Giorgi, Lirio, Montecalvo Versiggia, Rocca de’ Giorgi e Canevino, situati nella nostra Provincia; Caminata, Nibbiano VaI Tidone, Pecorara, Bobbio, Corte Brugnatella, Cerignale e Zerba, appartenenti a Piacenza; Fabbrica Curone, Gremiasco Brignano Frascata, Momperone, Pozzolgroppo e Volpedo, facenti parte della Provincia di Alessandria.

I confini fisici

I limiti amministrativi sia esterni (provinciali e regionali) sia interni ( comunali), pur con qualche eccezione (Samboneto, Pozzolgroppo), sono di ordine fisico, cioè seguono i crinali dei monti e i corsi d’acqua. II confine occidentale, dato quasi totalmente dalla dorsale che divide il bacino della Staffora da quello del Curone, parte dal Monte Chiappo (m. 1700) , attraversa il Monte Boglelio (m. 1491) , il Monte Grande (m. 720) , il Monte Vallassa (m. 752) e quindi il Monte S. Bartolomeo (m. 466) e le cosiddette Colline di Godiasco.
II confine meridionale è offerto dalla linea spartiacque alta Val Staffora, Val Borbera, che si estende dal Passo del Giovà (m. 1368) al Monte Lesima (m. 1724) e quindi, per diverso tratto, dal corso del Fiume Trebbia.
Invece l’orientale, dalle Case la Tomba fin quasi a Cima di Valle Scura (m. 1129), tocca la Costa Scalzavacca (m. 1016) e la Costa del Casone (m. 1055 ) che fungono da dorsali spartiacque tra la VaI Avagnone e le piccole valli tributarie del Trebbia: da Cima di Valle Scura al M. Penice circa (m. 1460), distingue la Val dell’Aronchio e quindi del Tidone da quella del torrente Bobbio; successivamente, dal M. Castello (m. 1083) presso il Passo del Penice attraverso il M. Pietra di Corvo (m. 1078) fino al M. Lazzarello (m. 866), separa l’Alta Valle del Tidone da quella del Tidoncello: scende a metà Lago di Trebecco o del Tidone e ne prosegue il corso fino a Casa Mantellina e, dai pressi di Pometo fino a Moncasacco, disgiunge la VaI Versa dalla media VaI Tidone e dalla Val Bardonezza.

I monti

Il territorio in oggetto possiede alcune tra le più elevate vette dell’Appennino ligure-piemontese-lombardo-emiliano: M. Lesima (m. 1724), M. Chiappo (m. 1700), Cima della Colletta (m. 1493), M. Penice (m. 1460). II turismo estivo ed invernale negli ultimi anni ha trasformato notevolmente il paesaggio di tali monti, con tracciati stradali ed impianti di risalita (skilift).
Altre cime più basse, ma non meno suggestive e piene di storia, per la presenza di torri e castelli in cattivo stato e parzialmente scomparsi, si ergono verso la collina e il piano: il monte sovrastante i centri abitati di Pregola, S. Margherita, Oramala, Nivione, S. Albano, Valverde, Rocca Susella, Stefanago, Berchielli, Montalto Pavese.
Boschi rigogliosi di vegetazione arborea cedua si stendono, sul fianco sinistro della Staffora, dal M. Rotondo (m. 1568) e Boglelio (m. 1492) al M. Dego (m. 639) e al M. Vallassa (m. 752); sul versante destro invece, dall’ Alpe (m. 1253) al Calenzone (m. 1151) giù fino alle groppe coperte di castagni, racchiuse tra le valli del torrente Nizza e del Crenna e alle belle pinete (purtroppo grave mente danneggiate dal gelo nel 1970) che fanno corona a Torre degli Alberi.
Nelle sottostanti colline si notano parecchie alture ammantate di piante cedue, ma il fertile suolo ha favorito il disboscamento delle dorsali e dei terrazzi esposti a solat ìo, dove cresce rigogliosa la vite.

I torrenti

I principali corsi d’acqua che rigano il territorio della nostra Comunità sono in ordine decrescente: Staffora, Coppa, Tidone, Ardivestra e Nizza.
Il torrente Staffora nasce dalla cosiddetta Fontana di S. Giacomo (m. 1343) , nei pressi del Passo del Giovà, e confluisce direttamente nel Po ad occidente di Cervesina (m. 72), dopo un percorso di 58 Km. La sua portata d’acqua variabile è evidente: mc. 0,7 al secondo in periodo di magra, mc. 675 in periodo di piena: ben mille volte superiore! Il suo bacino imbrifero si estende su di una superficie di Kmq. 337,5: quindi i fossi e i torrenti che in esso confluiscono sono parecchi.
Tra gli affluenti di sinistra va ricordato il torrente Lella, che nasce al Bric d’Alvaia (m. 1090), tra Castellaro e Cella di Varzi, e presenta una lunghezza di circa 8 Km.
Gli affluenti di destra sono numerosi; scendendo la valle si trovano: il Rio Montagnola che nasce e s’infossa a Nord del Passo del Brallo; l’Aronchio che raccoglie i torrentelli del M. Penice e di Menconico; il Reganzo che fa da collettore a tutto il territorio occidentale di Pietragavina; il Crenna, la cui valle conduce a Sagliano. 
Più vasto dei precedenti è il bacino del torrente Nizza: nasce dai monti di S. Albano, raccogliendo il contributo di numerosi rivoli, il più abbondante dei quali è il Begna che trae origine nei dintorni della famosa Abazia di S. Alberto di Butrio, sfocia nella Staffora vicino a Ponte Nizza, dopo un percorso di 14 Km. circa in fertile valle. 
L’ Ardivestra nasce nei pressi di Torre degli Alberi, confluisce nella Staffora a Godiasco presenta una lunghezza di 14 Krn.
Dopo la Staffora, il torrente Coppa è il più importante dell’Oltrepo Pavese. Esso ha un bacino idrografico di 110 Kmq. circa e il suo corso si snoda per una lunghezza di 32 Km. Nasce a N-E di Torre degli Alberi, importante nodo oroidrografico, e, dopo aver raccolto le acque della Ghiaia di Borgoratto, Ghiaia di Montalto, Schizzola e Rile di Casteggio, sbocca nel Po vicino a Bottarone. Corso d’acqua di notevole interesse è il Tidone. Esso ha origine dalle pendici settentrionali-orientali del M. Penice; presso le Moline di Zavattarello descrive un ampio gomito e quindi entra in provincia di Piacenza e confluisce nel Po a Nord di Rottofreno, dopo un percorso di 46 Km., dei quali i primi 18 interessano l’Oltrepo Pavese. Una grande diga, la cui costruzione, iniziata nel 1923, aveva ed ha lo scopo di produrre energia elettrica, ne sbarra il corso. Si genera così un Lago artificiale di mc. 12.000.000 che si estende per buona metà in territorio piacentino; dal suo sfruttamento, anche a scopo ne trae indubbi benefici.
I corsi d’acqua menzionati scorrono a ventaglio prevalentemente da Sud verso Nord; solamente il torrente Avagnòne ha una direzione opposta, cioè da Nord verso Sud. Nasce a Sud del Passo del Brallo e sfocia nel Trebbia, presso Ponte Organasco, dopo 7 Km. circa di percorso.
I corsi d’acqua ricordati si dicono genericamente pre-appenninici, perchè incidono i fianchi esterni dell’ Appennino. Essi, presentando un carattere decisamente torrentizio, che raggiunge il massimo di piena nei periodi di maggior piovosità (autunno e primavera), esercitano una forte azione erosiva sulle sponde. Per diminuire o per eliminare addirittura gli effetti negativi dell’erosione, si sono costruiti i cosiddetti « gabbioni », cioè sbarramenti di calcestruzzo o di pietre, deposte in « gabbie » di forti reti metalliche, i quali rallentando la velocità dell’acqua, attenuano l’erosione delle sponde.

Importanza dell’acqua sul popolamento e sull’economia

L ’incidenza dei corsi d’acqua sul popolamento e sull’economia locale era maggiore nel periodo anteriore agli anni ’50 che non nei decenni posteriori. Con gli acquedotti attuali qualsiasi posizione può essere occupata da insediamenti umani e da quelle infrastrutture che assicurano un reddito alla vita dell’uomo. Nel passato invece l’uomo era solito stabilirsi permanentemente là dove esiste l’acqua, sia per le sue esigenze strettamente connesse all’agricoltura, praticata da quasi tutta la popolazione delle nostre valli.
Era un grande avvenimento quando nelle frazioni giungeva l’acquedotto che, a quei tempi, alimentava soltanto le fontane e i lavatoi pubblici! Nel passato, con opportuni canali artificiali, l’acqua dei torrenti veniva deviata in piccoli laghetti (chiuse), che costituivano la riserva idrica che azionava la grande ruota del mulino. Lungo i nostri corsi d’acqua se ne contavano a decine; ormai pochi mulini esistenti e funzionanti usano l’energia elettrica.
Attualmente però, grazie alla forza motrice dei trattori agricoli, l’acqua trova una più vasta utilizzazione nella irrigazione dei terreni. Tuttavia di più si potrebbe e si dovrebbe fare.

I versanti vallivi

Relativamente ai versanti delle nostre valli vi è da rilevare che quello esposto a sole (a mezzogiorno) presenta una maggiore densità di sedi umane. Ciò è evidente soprattutto in valle Staffora dove il versarne destro (esposto a mezzogiorno), presentando un pendio più lieve e un fondo più ampio, ha offerto maggiori possibilità allo sfruttamento agricolo, quindi agli insediamenti, alle vie di comunicazione e, vie industriali.

II clima

Il clima che caratterizza la zona considerata si definisce genericamente di tipo appenninico: presenta cioè minori escursioni termiche (differenza algebrica tra la temperatura minima e massima) e precipitazioni più abbondanti che non nel Vogherese, cioè la zona di pianura, il cui clima si denomina più esattamente di tipo subcontinentale.
Per la posizione geografica, marginale rispetto alla grande pianura, l’Oltrepo Pavese montano non trae beneficio dalle precipitazioni provenienti dal Mare Adriatico; similmente, a causa dei rilievi meridionali che fungono da nodi di condensazione dell’umidità atmosferica,ha delle pioggie provenienti dal vicino Mar Ligure che non l’alta VaI Trebbia e d’Aveto, valli situate a Sud del confine lombardo. 
Si può dire che le precipitazioni non sono insufficienti ad assicurare delle discrete rese di prodotti agricoli: a preferenza che piova troppo, è augurabile la scarsità. 
Nel 1976 l’estate priva di precipitazioni si è ripercossa negativamente sui prodotti foraggeri, ma non sui cerealicoli e fruttiferi; per altro verso, in settembre e in ottobre sono stati irrorati da precipitazioni abbondanti e dannose che hanno limitato la superficie coltivata a cereali.
Per ovviare, almeno in parte, a questi inconvenienti si dovrebbe cercare di attuare degli sbarramenti adeguati lungo i torrenti. Verrebbero così costruiti dei piccoli laghi artificiali, la cui utilità in campo agricolo, turistico, di allevamento ittico e di disciplina delle acque sarebbe notevole.
A mano a mano che dalla montagna si scende verso la collina e la pianura, le precipitazioni diminuiscono. In base ai dati pluviometrici, forniti dal Servizio Idrografico del Ministero dei Lavori Pubblici, dal confine Sud della Comunità fino alla conca, a Varzi la precipitazione media annua variabile dai 1400 ai 1000 mm. circa (Casal Staffora mm. 1418. Casanova mm. 954); mentre varia tra i 1000 e i 750 mm. circa Montesegale mm. 766, Montalto Pavese mm. 764).
Il regime pluviometrico, cioè la quantità di pioggia che cade mensilmente nell’arco di un anno, è generalmente di tipo sub-litoraneo appenninico con i massimi in autunno e in primavera e i minimi in estate e in inverno.
Ovviamente le precipitazioni nevose interessano tutto il nostro territorio, ma in modo speciale le montagne più elevate (Penice, Brallo, Colletta, Giovà), dove lo sfruttamento turistico invernale è notevole. D’estate, non è raro il caso che violente grandinate si abbattano sui fiorenti vigneti della VaI Versa, Coppa e Ardivestra. 
Per quanto riguarda il vento, altro elemento del clima, si può affermare col Senatore G. Medici che: « nella zona di pianura e di bassa collina i venti più frequenti sono quelli di parallelo, spostati verso Sud o verso Nord, in funzione della disposizione delle colline, mentre nella zona montana la frequenza dei venti è imprecisata per il diverso andamento delle valli » (v. Monografia. ..).
Circa la nebulosità mi sembra lecito affermare, che si tratta di un fenomeno passeggero, non paragonabile certamente alle nebbie della bassa lombarda. Sovente, nel giro di poche ore, la nebbia viene spazzata via; alcune volte, da posizioni elevate, la si vede in basso e sembra un mare calmo; altre volte invece, la si vede avvinghiare i monti più alti.

Aspetti Geologici

Nella descrizione di un territorio, in tutte le sue forme, caratteristiche ed attività, sembra necessariamente utile e interessante illustrare l’aspetto geologico, quale elemento di base per approfondirne altri.
Geograficamente il territorio è compreso nella porzione Sud dell’Oltrepo Pavese che a forma di cuneo si inserisce entro confini naturali ben definiti, tra il Piemonte da un lato e l’Emilia dall’altro. Dal punto di vista fisico si può dividere il territorio della comunità Montana in due zone: collina e montagna. Il loro confine appare naturalmente delimitato dal brusco cambiamento morfologico, lungo la direttrice Pizzocorno, S. Albano, Valverde, Zavattarello, T. Tidone. La distinzione fra le due zone non è solo altimetrica ma dipende da altri fattori quali la natura del terreno, l’erosione degli agenti atmosferici, la giacitura delle rocce, le deformazioni subite nell’Era Terziaria.

Geologicamente, si può rilevare che nella zona collinare l’era più rappresentata è quella « Terziaria » o Cenozoica insieme alla Quaternaria o Antropozoica (comparsa dell’uomo), mentre in quella montana e presente la Mesozoica. E. durante questo intervallo di tempo, di diverse decine di milioni di anni, dominato dalla presenza del mare, che si assiste ad una evoluzione continua di fenomeni di carattere climatico e orogenetico, alla formazione del nostro Appennino.

Le due zone sono infatti costituite prevalentemente da rocce sedimentarie: di origine marina, originatesi in seguito alla deposizione sul fondo del mare, dei materiali erosi dalle rocce emergenti.
I depositi accumulatisi sul fondo si sono successivamente consolidati e cementati in spessori diversi, dando origine alle rocce sedimentarie.
La natura e la variabilità dei componenti, nonché l’alternarsi di strati diversi . corrispondono ad altrettanti fenomeni di deposizione.
I tipi di rocce presenti sono diversi e molto varie sotto il profilo mineralogico e strutturale. Tra le più note ricordiamo: calcari, marne, argille (di varia colorazione e contenuto), arenarie (a matrice sabbiosa), conglomerati, brecce, ecc. Nella zona montana sono caratteristici i calcari, generalmente rappresentati da banchi potenti da 1 a 5 m, in una successione ritmica di strati calcareo-arenacei-marnosi ed argillosi, attraversati obliquamente e perpendicolarmente da numerose fratture, riempite da incrostazioni di calcite con cristalli ben evidenti.
Molto frequente è pure il complesso comunemente indicato sotto il nome di « argille scagliose » comprendente formazioni a carattere prevalentemente argilloso, composte da una mescolanza di vari elementi in modo caotico, spesso rimaneggiate e disturbate, non sempre ben differenziabili nella loro tipologia e molto dissestabili .
Inglobate in esse, verso le quote più alte si riscontrano più o meno estesi affioramenti di rocce di tipo Intrusivo (ofioliti), comunemente chiamati « sassi neri » fra i quali ricordiamo di particolare interesse quelli di S. Margherita Staffora, Pregola, Colleri, M. Penice, Pietra Corva ecc.
Verso le quote più basse e l’alta collina, unitamente ai livelli ricordati, sono presenti abbondantemente le arenarie.
A queste unità sono riferibili in generale, depositi litorali o comunque vicini alla costa, di mare poco profondo e sono costituite in prevalenza da uno scheletro riccamente sabbioso.
Gli affioramenti di arenarie corrispondono di norma a rilievi con pareti ripide e per buona parte ricoperte da bosco.
Nella zona collinare, geologicamente pi ù recente, sono presenti tutti i tipi di terreni. Affiorano formazioni geologiche, spesso a dominante argillosa-marnosa e tali da creare una zona facilmente predisposta ai dissesti. Molto frequenti in tutto il territorio i depositi quaternari, di epoca recente, sotto forma di conoidi di deiezione, falde detritiche, depositi alluvionali lungo gli alvei dei principali corsi d’acqua.
Trattandosi in generale di rocce sedimentarie, non sono presenti nell’ambito della Comunità Montana, formazioni rocciose contenenti minerali di particolarità tali da proporre uno sfruttamento, se non sotto forma di qualche cava per l’estrazione di materiale lapideo e di argille per cementi e impieghi vari.
Sono invece caratteristiche alcune zone fossilifere come Montalto Pavese, S. Ponzo (Grotte), Pietragavina (Varzi), ecc. Nel. complesso della situazione illustrata, si può affermare che tutti i litotipi affioranti, per le loro caratteristiche mineralogiche e fisico-meccaniche, hanno concorso ad un evoluzione morfologica continua e rapida nel tempo, con forte alterazione superficiale e modellamenti continui, fino allo sviluppo dei fenomeni attuali. L’ intensificarsi dei processi di degradazione delle rocce, sotto l’azione prolungata degli agenti esogeni, condizionando la circolazione delle acque, crea nel tempo una situazione di potenziale dissesto e instabilità, che in occasione di eventi pluviometrici intensi può dar corpo a fenomeni franosi notevoli.